Con l’approvazione dell’articolo 6 del disegno di legge delega fiscale è stato dato ieri il via libera alla tanto attesa Riforma del Catasto.
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Con l’approvazione dell’articolo 6 del disegno di legge delega fiscale è stato dato ieri il via libera alla tanto attesa Riforma del Catasto.
Tempo fa lessi su un social una frase che mi fece letteralmente sanguinare gli occhi: Ci sarà la riforma del catasto. Così chi è stato obbligato a passare di classe il proprio immobile causa ecobonus pagherà di più. Sì perché chi aveva un immobile classificato B ora magicamente con il cappotto termico (obbligatorio per iniziare i lavori dell’ecobonus) vedrà la sua casa accatastarsi alla categoria A. La categoria più alta di tutti.
Questa frase, scritta ovviamente da chi non è un tecnico, è sintomo dell’ignoranza funzionale dell’italiano tuttologo che si sente in dovere di sentenziare su qualunque argomento pur senza sapere di cosa sta parlando.
Contiene due affermazioni errate. La prima, più veniale se vogliamo, è che per avere l’ecobonus è obbligatorio fare il cappotto (sappiamo benissimo invece che si possono realizzare anche altri interventi).
Ma la più grave è quella sulla Riforma del Catasto perché confonde due piani diversi:
1. la classificazione energetica degli edifici, che utilizza classi, partendo dal basso, comprese tra G e A4
2. la classificazione catastale, che suddivide gli immobili in categorie distinte per destinazione d’uso in gruppi identificati con lettere dell’alfabeto.
Una abitazione, anche la più energivora in classe G, è sempre censita in catasto nel gruppo A!
Da anni si parla di Riforma del Catasto paventando questa misura come l’ennesima stangata per gli italiani, incoraggiando gli opinionisti della domenica a scrivere amenità come quella citata sopra. Proprio ieri il Governo ha approvato l’articolo 6 del disegno di legge delega fiscale che di fatto dà l’avvio alla riforma, per cui cercherò di spiegare con parole semplici di cosa si tratta. Ma partiamo dal principio.
Il Catasto è una sorta di archivio di tutti i beni immobili presenti sul territorio italiano, sia di proprietà pubblica sia privata, e comprende terreni e fabbricati.
Ha funzioni prettamente fiscali e infatti viene utilizzato dall’Agenzia delle Entrate ai fini del calcolo di tutte le tasse sulla casa, come:
• IMU
• TARI
• imposte di successione
• imposte per trasferimenti immobiliari (acquisto o donazione)
• imposta di registro per contratti di locazione.
Il Catasto come lo conosciamo oggi si basa su una legge risalente al 1939.
L’inventario dei beni immobili presenti nel territorio nazionale fu suddiviso successivamente in due sottosistemi:
• il Catasto Terreni, comprendente l’elenco di tutti i terreni di agricoli o comunque inedificati
• il Catasto Edilizio Urbano, comprendente le costruzioni di natura civile, industriale e commerciale.
Nel 1993 è stato istituito il Catasto dei Fabbricati, evoluzione del Catasto Edilizio Urbano, che comprende tutte le costruzioni, urbane e rurali.
Uno dei luoghi comuni più diffusi tra i non addetti ai lavori è che il Catasto abbia rilevanza ai fini della regolarità di un immobile.
Non sono poche le persone che mi hanno garantito la regolarità del proprio immobile perché conforme alla planimetria catastale.
Conformità catastale e urbanistica sono invece due cose distinte. Un immobile può essere conforme dal punto di vista catastale ma irregolare da quello urbanistico perché magari eventuali modifiche o variazioni effettuate nel corso degli anni non sono state dichiarate in Comune. Si tratta di difformità e quindi di veri e propri abusi edilizi.
Come detto, il Catasto risale al lontano 1939 e per questo il suo processo di riforma è in atto dal 2014. La riforma è necessaria per aggiornare questa banca dati ormai obsoleta che spesso presenta delle incongruenze.
Per fare un esempio: molti immobili di pregio ubicati nei centri storici di città d’arte sono censiti in categorie di basso valore; di contro, un monolocale costruito in periferia in anni recenti può avere una rendita catastale molto alta.
Il risultato è una tassazione eccessiva per case di tipo economico e troppo bassa per immobili che invece per ubicazione e pregio offrono ai proprietari la possibilità di godere di una elevata redditività da locazione.
La revisione delle rendite catastali, su cui si calcolano le imposte, ha quindi lo scopo di eliminare queste disparità e far pagare a ciascuno il dovuto.
Quando i politici parlano di riforma con invarianza del gettito fiscale significa che, al termine, il riordino effettuato dovrebbe consentire di far pagare di più a chi possiede immobili di valore e meno a chi ha case di edilizia media, in zone di scarso pregio. In questo modo, nelle casse dello Stato dovrebbero transitare le stesse entrate, ma con maggiore equità per i cittadini.
L’allarme lanciato però dai media è quello che, dopo la conclusione della riforma, si rischi di pagare di più tutti, indifferentemente.
Con l’avvento della Riforma del Catasto, per il calcolo della rendita catastale si dovrebbe utilizzare come parametro i metri quadri e non più i vani.
Sarà un cambiamento importante per ridurre il divario tra il valore catastale attribuito agli immobili e quello commerciale.
Attualmente, se consideriamo due appartamenti di uguale metratura, uno in edificio antico ubicato in centro e uno di edilizia economica ubicato in periferia, è probabile che quest’ultimo abbia una rendita maggiore solo perché suddiviso in un numero maggiore di vani.
Il nuovo sistema di misura è già adottato dal 9 novembre 2016 nella visura catastale dove, accanto al numero dei vani, è ora possibile trovare indicati i metri quadri dell’immobile.
Tale indicazione risulta importante perchè i metri quadri, insieme con il numero degli occupanti di un immobile, sono ad esempio un parametro fondamentale per il calcolo della TARI, la tassa sui rifiuti solidi urbani.
A oggi la base imponibile per il calcolo delle tasse è data dal valore catastale dell’immobile. Ma tale valore, come detto, è molto lontano da quello che può essere il reale valore commerciale dello stesso immobile.
Per questo motivo, con la riforma si dovrebbe iniziare a considerare come base imponibile il valore commerciale.
Quest’ultimo si baserà sui valori di mercato degli immobili al metro quadro, rilevati ogni trimestre dall’OMI, Osservatorio del mercato immobiliare, ai quali verranno applicati dei coefficienti dipendenti da un complesso algoritmo che terrà conto delle caratteristiche dell’immobile, come:
• piano in cui è ubicata l’unità immobiliare
• stato di manutenzione
• affaccio
• scale
• ascensore
• impianto di riscaldamento.
L’art. 6 approvato ieri prevede, in prima istanza, la modifica del sistema di rilevazione catastale degli immobili.
A ciascuna unità immobiliare sarà attribuito:
• un valore patrimoniale
• una rendita attualizzata.
Tali dati saranno rilevati periodicamente in base ai valori di mercato.
Per gli immobili di interesse storico o artistico sono previste riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario, visto che la loro manutenzione e conservazione risulta più onerosa.
Queste informazioni non dovranno essere utilizzate per determinare la base imponibile dei tributi né per altre finalità fiscali fino al primo gennaio 2026. Fino ad allora, quindi, la revisione in programma non dovrebbe impattare sulle tasche degli italiani.
Alla luce di quanto sopra, dobbiamo concludere che la Riforma del Catasto sia una cosa buona e giusta?
In teoria sì, come tutte le riforme, che appunto hanno lo scopo di migliorare e rinnovare qualcosa di ormai obsoleto.
Se davvero sarà così lo scopriremo solo vivendo. Perché davvero potrebbe trasformarsi nella solita batosta per l’italiano risparmiatore del ceto medio se non perseguirà quegli obiettivi di equità fiscale di cui ti ho accennato.
Si tratta comunque solo del primo passo del processo di riforma. Come sempre, ti terrò informato in tempo reale su questo argomento, quindi segui le mie pagine Facebook e Twitter e iscriviti al mio canale YouTube.
(Prima pubblicazione 20 Aprile 2016)
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2 Commenti. Nuovo commento
Come si calcoleranno la Tasi e la Tari sulle seconde case che non sono locate e rimangono a disposizione del proprietario?
Grazie
Se non cambieranno le norme fiscali, allo stesso modo in cui si calcolano adesso.