3 falsi miti sul riscaldamento a legna

Il riscaldamento a legna inquina? Costa troppo? È vietato? In questo post cercherò di sfatare alcune vere e proprie fake news sull’argomento.

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Errate credenze sul riscaldamento a legna

C’è stato un tempo in cui non poteva esserci progetto di interior design in cui mancasse un camino, classico o ipertecnologico, troneggiante al centro del soggiorno. D’altro canto, la magia e l’atmosfera regalati da un caminetto acceso sono davvero unici e impagabili.
Il riscaldamento a legna, soprattutto negli anni ’90, è stato insomma un vero e proprio must dell’arredo, poi finito nel dimenticatoio quando ci si è resi conto che gestire un camino, tra pulizia e stoccaggio della legna, richiedeva troppo tempo e impegno per gli standard della vita moderna.

È solo in anni più recenti che abbiamo cominciato ad assistere a una rivalutazione dei sistemi alimentati a biomasse come stufe, camini e termocucine, tanto che oggi questo combustibile ha finito per diventare la prima fonte di energia rinnovabile utilizzata per il riscaldamento.

In questi ultimi mesi poi, complice la crisi energetica e l’aumento di costo dei combustibili fossili, l’attenzione si è spostata ancora di più su questo tipo di impianti termici che incominciano a essere visti come valida alternativa agli impianti di riscaldamento tradizionali.

Eppure, da più parti, si assiste ancora a una certa diffidenza, complici alcune errate credenze diffuse sull’argomento.
In questo articolo cercherò quindi di sfatare delle vere e proprie fake news sul riscaldamento a legna.

#1. Il riscaldamento a legna è la causa del disboscamento?

Non solo il taglio della legna da ardere non è la causa del disboscamento ma anzi questa pratica, se eseguita in maniera corretta, consente addirittura la valorizzazione del patrimonio boschivo e forestale.

Il disboscamento è infatti provocato dallo sradicamento degli alberi al fine di utilizzare i terreni per altri scopi (ad esempio per lo sfruttamento edilizio). Il taglio periodico degli alberi consente invece di tenere i boschi puliti e in salute.

Con il taglio periodico degli alberi innanzitutto non si toccano le radici e poi si tengono le piante più sane e dritte, disposte a una certa distanza l’una dall’altra, in modo da crescere e diventare in futuro alberi da taglio.

Per il riscaldamento a legna comunque non si utilizza solo la legna da taglio, ma anche quella proveniente da potatura delle vigne, degli uliveti e dei frutteti o dalla potatura delle siepi. Altra legna ancora proviene dagli scarti di lavorazione delle segherie.

#2. Il riscaldamento a legna è costoso?

Il costo della legna da ardere resta sempre inferiore rispetto a quello di altri combustibili, come il gas metano o lo stesso pellet.

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Legna da Ardere di Ulivo.

L’unità di misura utilizzata per stimare i consumi energetici è il MWh/anno (Megawattora/anno). Ebbene, confrontando i valori medi stimati per i combustibili più diffusi, quello della legna resta sempre il più basso.

Al di là di questo valore, però, è il costo stesso della fornitura di materiale che tende a mantenersi sempre abbastanza costante nel corso del tempo perché, a differenza degli altri combustibili, non risente di eventi geopolitici come la guerra in Ucraina.

Il falso mito del costo eccessivo della legna da ardere è legato anche a quello secondo cui il legname nel nostro Paese sarebbe in esaurimento e quindi saremmo costretti ad approvvigionarci all’estero a un prezzo più alto.

Le cose non stanno così. In realtà in Italia le aree boschive coprono fortunatamente ancora circa il 39% del territorio. Il problema è semmai un altro: fare in modo che la gestione e la manutenzione di questo patrimonio boschivo e forestale sia fatta in maniera consapevole ed ecocompatibile

#3. Il riscaldamento a legna è inquinante?

La falsa credenza in base alla quale il riscaldamento a legna sarebbe inquinante è legata all’utilizzo di camini e stufe ormai obsoleti.

L’evoluzione tecnologica degli ultimi anni ha infatti portato alla realizzazione e introduzione sul mercato di apparecchi in grado di ridurre del 90% l’immissione in atmosfera di anidride carbonica e incombusti. Pertanto, l’impatto ambientale di questo tipo di riscaldamento sull’ambiente risulta essere praticamente nullo.

Aggiungo inoltre che questi nuovi camini e stufe offrono la possibilità di regolare in maniera ottimale il regime di combustione, facendo in modo che il consumo di legna si riduca e, di conseguenza, si riducano anche le spese da sostenere per il suo acquisto.

Per operare una scelta sostenibile, pertanto, l’elemento determinante è rappresentato dall’utilizzo di dispositivi performanti di ultima generazione.

Sfatiamo anche la credenza secondo cui stufe e camini sarebbero vietati. In effetti, in alcune Regioni sono in vigore normative che vietano in realtà l’uso di stufe e camini di vecchia generazione e quindi inquinanti.

Il DM 186 del 7 novembre 2017 prevede la Classificazione Ambientale di stufe e camini da 1 a 5 stelle, in base alla maggior qualità ambientale dei dispositivi. In alcune Regioni è imposto l’utilizzo di dispositivi dalle 4 stelle in su, rendendo di fatto vietati tutti gli altri.
In ogni caso, i dispositivi da 3 stelle già acquistati e installati possono continuare a essere utilizzati.

D’altro canto, dal punto di vista normativo, se da un lato assistiamo a disposizioni fortemente limitanti per l’uso dei vecchi impianti (sì, perché stufe e camini sono impianti!), dall’altro non mancano agevolazioni rivolte a incentivare l’uso delle biomasse per il riscaldamento. Parliamo in particolare dell’ecobonus e del Conto Termico, che possono rappresentare proprio il modo migliore per riconvertire vecchi impianti verso quelli di nuova generazione, senza dover affrontare spese troppo ingenti.




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