Come smaltire i pannelli fotovoltaici

Aggiornate le modalità di smaltimento di pannelli fotovoltaici: è di 10 euro a modulo la quota trattenuta dal GSE per gli impianti domestici.

Foto di cverkest da Pixabay

Il termine del ciclo di vita dei pannelli fotovoltaici

Negli ultimi anni il numero di impianti fotovoltaici installati in Italia è notevolmente cresciuto grazie agli incentivi del GSE e ai bonus fiscali. La scelta di utilizzare il sole per produrre energia per la propria casa nasce anche dal desiderio di una maggiore sostenibilità ambientale: si evita infatti il ricorso a combustibili fossili  con conseguente riduzione di emissioni inquinanti in atmosfera.

Per proseguire quindi in maniera coerente su questa strada bisogna pensare anche a come smaltire in maniera corretta gli impianti al termine del loro ciclo di vita.
Se hai deciso di adottare questa soluzione per la tua abitazione devi avere ben chiaro questo problema sin dal principio.

Gli studi compiuti sul fotovoltaico ci informano che il ciclo di vita di un pannello può arrivare a 50–100 anni.
Tuttavia, se consideriamo l’entrata in esercizio dell’impianto, da tale momento il ciclo di vita si riduce a 20–25 anni. Infatti, dopo tale periodo la resa dei pannelli diminuisce in maniera progressiva, per cui diventa economicamente più vantaggioso sostituirli con pannelli di nuova generazione.
Trattandosi quindi di una tecnologia ormai diffusa da alcuni decenni, il problema ha cominciato a manifestarsi proprio in questi anni.

Il problema dello smaltimento può presentarsi però anche prima perchè un impianto può:
• danneggiarsi a seguito di eventi atmosferici violenti come una forte grandinata
• subire un calo di produzione per guasti.

Impatto ambientale dei pannelli fotovoltaici

Per valutare l’impatto ambientale di un pannello fotovoltaico bisogna considerare le parti e i materiali di cui è composto.

Un pannello di tipo tradizionale è formato da diversi strati:
• un vetro temperato
• le celle fotovoltaiche in silicio
• una pellicola di polivinilfluoruro (PVF)
• una cornice in metallo anodizzato
• la scatola di giunzione
• i cavi in rame.

Si evince che molte delle materie prime sono riutilizzabili nel ciclo produttivo. Mi riferisco non solo al rame del cablaggio, ma anche al silicio con cui sono costruite la maggior parte delle celle, materiale che non perde la sua proprietà di assorbimento della radiazione solare, per cui può essere riciclato e riutilizzato.
Fanno eccezione le celle in film sottile, dove la percentuale di silicio è davvero molto bassa.

Dal processo di separazione è possibile ricavare anche vetro, alluminio, indio, gallio, selenide, materiali a rischio esaurimento.

Non tutti i materiali sono però riciclabili, anzi alcuni sono dannosi anche per l’uomo e l’ambiente, come il telloruro di cadmio ancora presente in molti pannelli.

Ci sono inoltre materiali, come il vetro, il cui riciclo è meno vantaggioso dal punto di vista economico, a causa degli elevati costi di lavorazione.

La normativa sullo smaltimento dei pannelli fotovoltaici

I pannelli fotovoltaici sono inclusi da una direttiva europea tra le apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) che richiedono particolari procedure di smaltimento al termine del loro ciclo di vita.

In Italia i Decreti interministeriali del 5 maggio 2011 e del 5 luglio 2012 (Quarto e Quinto Conto Energia) hanno introdotto per i produttori e gli importatori l’obbligo di aderire a un consorzio per il recupero dei pannelli, per gli impianti entrati in esercizio dal primo luglio 2012.

Il GSE (Gestore dei Servizi Energetici) ha ampliato e integrato queste regole nel proprio Disciplinare tecnico per la definizione e verifica dei requisiti tecnici dei Sistemi/Consorzi per il recupero e riciclo dei moduli fotovoltaici a fine vita.

Il GSE ha quindi individuato un elenco di 11 soggetti (consorzi abilitati) ai quali i produttori possono aderire. In mancanza di tale requisito non sono riconosciuti gli incentivi previsti dal Conto Energia ed è possibile anche revocare quelli già concessi.

Inoltre, ai sensi del dlgs 49/2014, il GSE trattiene una quota dagli incentivi dovuti negli ultimi dieci anni di diritto, proprio per lo smaltimento dei pannelli. Questa somma viene restituita al proprietario dell’impianto dopo aver constatato che ha rispettato gli adempimenti previsti dal decreto. In caso contrario, il GSE trattiene l’importo per provvedere direttamente.

Lo scorso mese di agosto, il Ministero della Transizione Ecologica ha aggiornato le modalità di smaltimento dei pannelli fotovoltaici, con le Istruzioni Operative per la gestione e lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici. La somma trattenuta, per gli impianti domestici di potenza inferiore a 10 kW, è stata ridotta da 12 a 10 euro a pannello.



Smaltimento dei pannelli fotovoltaici

Vista la composizione dei pannelli, uno dei primi procedimenti da attuare è quello di separare materiali che necessitano di processi di bonifica e smaltimento differenti.

In Italia sono da tempo nati diversi consorzi per la raccolta, il trattamento e il riciclo di tutte le componenti dei pannelli fotovoltaici, già prima dell’obbligo normativo in precedenza citato.

In genere tutte le componenti metalliche e il vetro vengono smaltiti in Italia, mentre le celle sono inviate all’estero.

Per smaltire i pannelli fotovoltaici dovrai rivolgerti alla stessa ditta che li ha installati anni prima.
Se non diversamente indicato nel contratto di installazione, dovri sostenere direttamente il costo.

La spesa per lo smaltimento può variare, ma un prezzo medio si aggira intorno ai 250 euro a tonnellata.
Per fare un esempio, lo smaltimento di un impianto domestico da 3 kWp, visto il suo peso di circa 270-280 Kg, costerà intorno ai 70 euro.

(Prima pubblicazione 12 ottobre 2015)




Iscriviti alla Newsletter

Potrebbe interessarti anche
Guarda gli ultimi video

Dello stesso argomento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.